Scrive di: Lalla Romano

Recensione: "Lettura di un'immagine" (1975)

© Mario Biondi
Divieto di riproduzione integrale
e obbligo di citazione (per cortesia...)

C’era una volta un mondo, non ancora anagraficamente antico, però certamente piccolo, piccolo nei suoi confini, piccolo nei suoi sentimenti e nelle sue umanità, piccolo nelle sue tragedie, consumate o annunciate. Non angusto: piccolo.
Un mondo che nei libri di storia non c’è ancora e nelle cronache di tutti i giorni non c’è più. Un mondo che si riesce a rivisitare attraverso le parole di chi vi ha vissuto e attraverso le immagini di chi ha saputo guardarlo con l’amore e la partecipazione di uno che vuole essere soggetto della propria storia.
Ed è un mondo di questo genere — affabile e lontano, povero e umano, familiare e tuttavia denso di segni e presagi circa il destino o la storia a venire — quello che emerge lentamente ma poi con contorni nettissimi dall’ultimo lavoro di Lalla Romano, la Lettura di un’immagine ora pubblicata da Einaudi. Un lavoro che nasce da un album di vecchie fotografie rivisitato con amore profondo e partecipazione sapiente.
Le fotografie sono quelle che il padre di Lalla Romano, pittore e fotografo dilettante, scattò ai primi di questo secolo sul mondo provinciale e appartato in cui viveva, sulle persone amate che lo popolavano, sugli amid, sulle cose.
I personaggi sono il fotografo stesso — talvolta imponente-impettito, spesso fiero dell’immagine di sé che sa si sta per formare, sempre affabilissimo —, gli amici cacciatori, la valle in cui il tutto si svolge e la società che vi si muove, la famiglia, i bambini, l’inverno, i cani.
Immagini amatissime da Lalla Romano, che lei stessa correda di un commento essenziale, altamente lirico, teso a fornire una chiave di lettura individuale e «pathetica» più che universale, in modo da comporre il tutto — le immagini e le parole — in una specie di storia da lanterna magica, di video-tape povero in cui le immagini non sono proiettate e le parole dette dalla membrana di un altoparlante, ma stampate su un oggetto di ben più antica e familiare sodalità: un libro.
Operazione quanto mai interessante e di dignitosissimo risultato: ho detto lirico, e quindi poetico, però aggiungerei di precisa coscienza della condizione dell’uomo e della sua posizione nella storia, in un certo hic et nunc, un complesso di storie con la "s" piccola che, se si guarda bene, si vedono tutte assieme concorrere a formare il grande flusso della Storia con la "S" grande, nelle sue anse positive e negative. Non operazione di «revival», quindi, — anzi i pericoli di maniera con esse connessi sono sapientemente evitati —, ma operazione di recupero di un certo passato attraverso il cannocchiale di una precisa coscienza storico-poetica.

Corriere del Ticino, 20 dicembre 1975
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