Scrive di: Rohinton Mistry

Recensione: “Un lungo viaggio” (1999)

© Mario Biondi
Divieto di riproduzione integrale
e obbligo di citazione (per cortesia...)

Che mondo affascinante e meraviglioso è quello dell'India, variegato mosaico dalle mille e mille tessere, autentico arazzo di lingue e culture (e di insuperabili odi ancestrali), vero e proprio coacervo di universi contigui ma non necessariamente comunicanti, ancora affondato nel medioevo eppure avanzatissimo, capace di inauditi abbandoni a misticismo e mistero eppure forte di un atavico razionalismo matematico. Ce lo stanno svelando a poco a poco i molti autori indiani che vengono tradotti in italiano. Sono forse persino troppi, ma questo va soltanto a onore di un paese che, seppure devastato da cento problematiche di arretratezza e malgoverno, trova l'orgoglio e i mezzi per onorare la propria cultura (le proprie culture) e diffonderla nel mondo. Viene da chiedersi quanti possano essere gli autori italiani noti agli indiani, in quanto tradotti (se non altro in inglese) e quindi da loro leggibili. Ma esiste una politica culturale dello stato italiano? O siamo più scalcagnati persino dell'India? Divagazione che rischia di essere oziosa.
Uno degli ultimi autori che abbiamo potuto conoscere è Rohinton Mistry. Robusto romanziere, che ci svela uno dei meno noti tra gli universi contigui dell'India, quello dei parsi zoroastriani, migrati lì ai tempi dell'islamizzazione dell'Iran e lì rimasti fedeli alla loro cultura e religione. È proprio questo l'aspetto interessante di Un lungo viaggio, romanzo intenso ma a tratti piuttosto lento. Racconta appunto le vicende di una famiglia parsi residente a Bombay, che, del tutto ignara, si trova coinvolta in una cospirazione dei servizi segreti di Indira Ghandi ai tempi della guerra con il Pakistan (1971), attraverso cui avrebbe definitivamente conquistato l'indipendenza uno dei paesi più problematici e sfortunati del pianeta: il Bangladesh.
La vicenda della cospirazione in sé è piuttosto fumosa e di non rilevante consistenza, ma ciò che conta è che attraverso i comportamenti della famiglia protagonista e dei suoi coinquilini scopriamo lo straordinario universo culturale del parsi. Come già scritto, la narrazione soggiace a una certa lentezza, ma la struttura complessiva viene definitivamente illuminata e nobilitata dalla bellezza del finale, con i suoi simboli. Il più importante di essi, una lunga parete su cui un pittore di strada dipinge fianco a fianco immagini sacre delle tante religioni osservate in India — un autentico monumento alla vera tolleranza —, dev'essere abbattuta per ordine delle autorità. A pagare con la vita è il più debole di tutti, ennesimo "Innocente" della Letteratura e della Storia.


Rohinton Mistry, Un lungo viaggio (Pubblicato su "Letture", 1999/2000.)
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