Scrive di: Edith Wharton

1 Ethan Frome (1979)
2 L'usanza del paese (1985)
3 Bucanieri (1994)

© Mario Biondi
Divieto di riproduzione integrale
e obbligo di citazione (per cortesia...)

«La tipica figura maschile nel romanzo di Edith Wharton », scriveva Edmund Wilson nel suo celebre saggio sulla grande scrittrice americana a torto considerata dalla critica come un’allieva minore di Henry James, «è un uomo che si distacca dal suo ambiente per educazione, intelletto e sentimento, ma che manca della forza e del coraggio per imporsi, oppure per andarsene... Quando appare una donna eccezionale, che sente l’anelito di qualcosa di diverso e di migliore, l’uomo è incapace di darlo.» Di qui, la catastrofe, «risultato di un conflitto tra l’individuo e il gruppo sociale», situazione e conclusione tipiche della poetica della Wharton. Tali sono i due protagonisti di questo suo straordinario racconto lungo, e tale il loro destino. Troppo solido, onesto, «pulito» Ethan Frome, troppo dolce, appassionata, minuscola eppure volitiva Mattie Silver. E troppo delicato, importante, sottile e profondo il loro amore impossibile per il piccolo mondo del New England che li circonda. Troppo forte la convenzione sociale che impone a Ethan Frome di continuare a vivere al fianco della moglie che gli è ormai odiosa e alla quale — ancora una volta — soltanto le convenzioni lo hanno legato. Troppo grande per consentirgli di sfidare la felicità fuggendo al West con la donna che veramente ama. Meglio sfidare la morte. Storia di un rapporto amoroso innocentissimo eppure proibito, Ethan Frome si scolpisce nella memoria del lettore per la grande sapienza psicologica e letteraria con cui la grandezza e la profondità di un amore impossibile vengono piano piano delineandosi (per gli stessi protagonisti oltre che per chi legge) solo per delicatissime sfumature: un’attesa trepidante, uno sguardo, il tocco di una mano, uno sfiorare di capelli, il servire il caffè alla persona amata prima che ad altri, per essa preparare la tavola con una cura mai vista prima... Perché la società circostante, la gente, non deve capire, non può capire, non vuole capire, non capirebbe e non accetterebbe mai. E l’infelice storia d’amore di Ethan e Mattie volge inesorabilmente in tragedia.

Quarta di copertina dell’edizione Longanesi 1979

2.
Bellissima, furba, arrivista, spietata. Così è Undine Spragg, risultato «mostruosamente perfetto» del sistema, dell' «usanza del paese». Il «paese» sono gli avventurosi e ricchissimi Stati Uniti a cavallo del 1910. L' «usanza» è che l' uomo persegua con ogni energia e mezzo il successo - ovvero la ricchezza -, godendone distrattamente gli splendori e soffrendone impavidamente le miserie, e che la donna sia chiamata a partecipare dei primi e accuratamente tenuta al riparo dalle seconde, chiusa in una sua gabbia dorata quanto arida. «… i soldi, le automobili, i vestiti sono semplicemente l' alto prezzo con cui l' uomo la compra perché se ne stia alla larga». La vita della provincia americana è troppo angusta per Undine, ma presto lo divengono anche quella lussuosa dei grandi alberghi newyorchesi e quella raffinata di Washington Square, centro attorno a cui ruota la civile e perdente aristocrazia americana. Le cronache mondane riferiscono diffusamente delle grazie e dei successi della nuova arrivata. E se tali successi, in termini economici, purtroppo non arridono di pari passi al marito, l' usanza del paese le impone di non curarsene. Nulla può arrestare Undine, decisa a conquistare la mitica Europa, la favolosa Parigi di quegli anni. A nulla valgono i richiami alla ragione, i sentimenti e gli affetti, un bambino: se il marito non può darle ciò a cui aspira, Undine lo abbandona. La vita di Parigi è abbagliante, il profumo dell' antica aristocrazia francese è inebriante. Sua metà successiva sarà impadronirsi di un grande nome e di un titolo glorioso. Ma purtroppo, secondo «l' usanza del paese», successo significa ricchezza, e la ricchezza non è necessariamente caratteristica dominante di un grande nome e di un titolo glorioso. E allora Undine abbandonerà anche quelli, per tornare alla calda e rassicurante «usanza», a un uomo del «paese», capace di conquistare enormi quantità di ricchezza e successo, e di lasciarle il suo ruolo di donna capace unicamente di realizzare una serie infinita di dubbie scalate sociali. Romanzo potente, quanto «animoso» e «rabbioso» - secondo la definizione di Edmund Wilson - in L' usanza del paese Edith Wharton dimostra magistralmente di avere «già scoperto il metodo di disegnare gente cruda e aspra con una tecnica cruda e aspra», creando «il prototipo romanzesco dell' avventuriera internazionale».

Lettura editoriale, 1985

3.
Singolare sorte quella di Edith Wharton. Anzi, normale. Nel 1932, cinque anni prima che morisse, il critico Ludwig Lewisohn scriveva: «la sua opera sta sbiadendo…, probabilmente verrà di­menticata». È stata talmente dimenticata che l’anno scorso (57 dopo la sua morte) due case editrici americane hanno presentato in due vesti diverse il suo ultimo romanzo, Bucanieri, rimasto incompiuto. In un caso è stato presentato com’era rimasto, cor­redato da uno schema di finale. Nel secondo, invece, la studiosa Marion Mainwaring ha compiuto una delicata operazione di co­smesi, procedendo a un leggero editing e scrivendo il finale se­condo le meticolose indicazioni dell’autrice. Operazione lecita? Non avendo avuto occasione di vedere l’opera incompiuta, e po­tendosi basare soltanto su quella “completata”, sembrerebbe di poter dire di sì. Se fosse stato terminato dall’autrice, Bucanieri sarebbe probabilmente il capolavoro della Wharton. È un pode­roso romanzo in cui si trova praticamente raccolta una summa della filosofia (letteraria e privata) della Wharton: le crude asperità della vita sociale nell’America fine ’800, l’impatto degli americani ricchi con il mondo europeo. Messe praticamente in un canto dalla buona società newyorkese, verso il 1870, cinque giovani vengono spedite a cercar fortuna in Inghilterra. Per una di esse, Nan St. George, la questione sarà però più delicata. Sposata a un uomo insensibile e toccata dal vero amore con un altro, saprà sfidare convenienze e ostracismo per farsi una nuova vita in terra di Grecia. Deplorevole lieto fine, dunque? Neanche per idea. In tutta la sua opera la Wharton ne ha scritto forse soltanto uno, per il romanzo The Glimpses of the Moon. Parallela alla vicenda di Nan, infatti, scorre quella della sua go­vernante italo-inglese, vero deus ex machina della vicenda. Con un colpo d’ala del tutto whartoniano, la fortuna della protetta segnerà la disgrazia della protettrice. E, come in tanti altri casi, il finale — seppure non straziante come quelli, diciamo, di L’età dell’innocenza o di Ethan Frome — si insaporisce di amaro.

Bucanieri
, Guanda, (pubblicato su "Letture", settembre (?) 1994)
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