Scrive di: Amin Maalouf

Leone l'Africano (1986)

© Mario Biondi
Divieto di riproduzione integrale
e obbligo di citazione (per cortesia...)

Il moro Hassan al-Wazzan, divenuto per il mondo cristiano rinascimentale Giovanni Leone de' Medici detto l'Africano, autore tra l'altro (in italiano) della famosa Descrizione d'Africa e delle cose notevoli che vi si vedono, ebbe una vita certamente fuori dal comune, anche se rapportata ai tormentati tempi in cui la visse. Nacque musulmano a Granada, nel regno moro di Andalusia, poco prima della Reconquista cristiana (1492), che da quelle terre cancellò ogni traccia delle due religioni (la musulmana e l'ebraica) ivi dominanti per otto secoli, ovvero fin dalla fondazione, avvenuta nel VII secolo d.C. per mano araba sul luogo della romana Iliberris. Quindi, bambino, fu costretto a trasferirsi con tutta la famiglia in Marocco, a Fez, da dove diede definitivo avvio alla suddetta movimentata vita, che gli fece percorrere in lungo e in largo l'Africa settentrionale e centrale, arrivando fino a Timbuctù e a Gao. E poi all'Egitto, a Costantinopoli e finalmente a Roma, fatto schiavo e venduto al pontefice Leone X, che, battezzatolo con il proprio nome e cognome, se ne servì come insegnante di lingua araba per i propri assistenti e poi a scopi diplomatici (con il cugino Giulio, divenuto Clemente VII), soprattutto in vista dei rapporti che la Santa Sede divisava di allacciare con la Sublime Porta turca, che in quegli anni, governata da Selim II e poi da Solimano il Magnifico, aspirava ad assumere la guida del mondo musulmano, ponendosi come poderosa alternativa alle mire di dominio mondiale di Carlo V.


E da Roma, finalmente, ridivenuto libero, Leone l'Africano tornò nel proprio mondo arabo-africano. In diverse lingue (conosceva tra l'altro l'arabo, l'ebraico, il turco, l'italiano), stese la propria opera di geografo, storico e diplomatico. Di tutto ciò narra lo scrittore libanese-parigino Amin Maalouf in Leone l'Africano, documentata biografia in forma di romanzo che segue il Nostro dalla nascita in Granada (nel 1488, 894 dell'Egira) fino alla nave che (nel 1527, 933 dell'Egira) lo riporta in Africa settentrionale, al suo mondo. Quanta parte del libro discenda da documentazione e quanta invece dall' invenzione dell'autore, non è naturalmente agevole stabilire: più che un recensore letterario occorrerebbe uno storico specialista del periodo. Tuttavia, dal punto di vista del primo, è senza dubbio da riconoscere che le due componenti si amalgamano alla perfezione, formando un libro di piacevolissima e interessante lettura, che tanto più per noi italiani diventa avvincente quanto più si addentra nell'ultima parte, ovvero in quella ambientata a Roma, con la presenza dei papa Medici (Leone X e Clemente VII), di Francesco Guicciardini, di Giovanni dalle Bande Nere, di Raffaello e altri, che agiscono e parlano in prima persona. Con le gesta attorno a Pavia (per la battaglia tra gli ispano-tedeschi di Carlo V e i francesi di Francesco I che diede la fama a Monsieur de La Palisse). Con la visita di Firenze. Con, infine, il sacco di Roma, dal quale il protagonista fugge con l'aiuto di un suo ex studente di lingua araba, passato nelle schiere dei luterani.


Seguendo lo svolgersi della vicenda real-romanzesca, via via il lettore si addentra in un colorato e composito affresco di vita mediterranea del XV-XVI secolo, fatto mescolando vicende, usi e costumi che appartengono a un mondo variegatamente cristiano musulmano ed ebraico. Si assiste agli ultimi mesi del regno moro di Andalusia e quindi al tipo di vita condotto dalle due componenti che vi vivevano in pace a fianco a fianco (i musulmani e gli ebrei). Poi si apprende molto delle usanze nel Nordafrica occidentale islamizzato (fidanzamenti, matrimoni, divorzi, governi, viaggi, commerci, traffici, mercati, piazze, bagni). Si viaggia nel cuore dell'Africa, nei regni di Timbuctù e di Gao, e poi in pellegrinaggio fino alla Mecca. Ci si aggira brevemente nella Costantinopoli quasi all'apogeo del proprio splendore. Si partecipa alla presa ottomano del Cairo, con il furibondo sterminio dei mamelucchi. Si scende nei dettagli del dissidio che travaglia la cristianità, lacerandone le schiere in seguaci di Carlo V e di Francesco I, in cattolici e luterani, e definitivamente sfociando nell'umiliazione del Pontefice da parte del Colonna e nelle nefandezze dell' invasione lanzichenecca dell'Italia.


E si segue con passione il delicato tratteggio delle vicende private dell'Africano, dal primo amore adolescente con una fanciulla mora schiava, avuta in dono da un sultano nordafricano, attraverso il matrimonio con una giovanissima e triste cugina, fino a quello (avvenuto al Cairo) con una focosa giovane, vedova di Alaeddin (fatto uccidere da Selim II in quanto aspirante al trono ottomano della Sublime Porta), e a quello (imposto da Leone X ma accettato di buon grado) con una fanciulla ebrea convertita a forza e salvata dalla clausura per intervento di Giulio de Medici, già cardinale ma non ancora divenuto papa. Tutto attorno, poi, si fa conoscenza con uno stuolo (real-romanzesco) di genitori, fratelli, zii, tate, servitori, consiglieri, protettori, amici più o meno del cuore e più o meno potenti (e naturalmente nemici), che, partendo dalla mamma e dal papà (con la sua concubina e qualche scappatella), arriva fino a tre papi, al Guicciardini, a Giovanni dalle Bande Nere e alla cerchia di Solimano il Magnifico (attraverso quella del corsaro Barbarossa, signore di Algeri e comandante della flotta ottomana). Insomma, un sapiente impasto di storia e invenzione, composto con mano sicura, anche se talvolta con qualche rischio di pedanteria. Una biografia sulla cui veridicità l'autore non pretende certamente che si scommetta la testa, ma un romanzo vero, che risulterà appassionante soprattutto per gli amanti delle strutture letterarie fondate sulla storia.

Il giornale, mese ignoto, 1986
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